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Il 6 febbraio è la Giornata Internazionale contro le Mutilazioni Genitali Femminili (MGF), espressione con cui l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) fa riferimento a “tutte le pratiche di rimozione parziale o totale dei genitali femminili esterni o ad altre alterazioni indotte agli organi genitali femminili, effettuate per ragioni culturali o altre ragioni non mediche”. Si stima che siano almeno 200 milioni le ragazze e le donne che vivono con mutilazioni genitali, di cui 44 milioni hanno meno di 15 anni; 3 milioni sono invece le ragazze con meno di 15 anni di età che rischiano di subirle.


“Sebbene sia diffusa principalmente in Africa e in alcuni paesi del Medio Oriente e dell'Asia – mette in evidenza il prof. Pantaleo Greco, Direttore dell’Unità Operativa di Ostetricia e Ginecologia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ferrara - questa pratica non risparmia alcuna area geografica a seguito dell’aumento del fenomeno di migrazione. Per fortuna nel nostro Servizio non abbiamo riscontrato casi di mutilazioni, ma non dobbiamo abbassare la guardia su questa problematica. Infatti in Italia si stima che siano a rischio tra il 15% ed il 24% delle bambine e delle ragazze tra 0 e 18 anni appartenenti a famiglie provenienti da paesi in cui questa pratica è presente”.


Le MGF costituiscono un atto estremamente traumatico che causa rischi immediati per la salute e complicazioni a lungo termine - in grado di impattare non solo sulla salute fisica ma anche su quella sessuale e psichica delle bambine e delle ragazze - come ad esempio problemi urinari e vaginali ricorrenti, infezioni, problemi mestruali, formazione di cicatrici e cheloidi, disfunzioni sessuali, aumentato rischio di complicanze durante il parto, sindrome depressiva e disturbo da stress post-traumatico.

Per questi motivi, anche a fronte della crescente sensibilizzazione, la pratica è riconosciuta a livello internazionale come una violazione dei diritti umani alla salute, alla sicurezza e all’integrità fisica delle ragazze e delle donne e come una forma estrema di discriminazione di genere. L’Italia, con la Legge n.7/2006, vieta l’esecuzione di tutte le forme di MGF e qualsiasi altra pratica che causi lesioni agli organi genitali femminili, da cui derivi una malattia nel corpo o nella mente. La Legge impone anche una serie di misure preventive, servizi di sostegno per le vittime di MGF e iniziative di informazione e formazione.


“La comunità globale – conclude Greco - ha fissato l’obiettivo di abbandonare la pratica della mutilazione genitale femminile entro il 2030, nell'ambito degli “Obiettivi di sviluppo sostenibile”. È riconosciuto dall'OMS il ruolo chiave del personale sanitario nel sostenere e migliorare la salute e il benessere delle ragazze e delle donne che vivono ad oggi con le MGF e nell’attuare misure preventive volte a cambiare l’atteggiamento nei confronti di tale pratica tra le pazienti appartenenti alle comunità in cui le MGF sono ancora diffuse”.


“Le MGF – sottolinea il dott. Demetrio Costantino, Responsabile del servizio Salute Donna dell’Azienda USL di Ferrara - sono sicuramente una problematica ancora attuale per le donne migranti verso paesi Europei o le ragazze nate e che vivono in Europa provenienti da Paesi ad alta incidenza di MGF ; nei nostri ambulatori consultoriali veniamo in contatto con donne che hanno subito tale pratica sia durante le visite in gravidanza che durante visite ginecologiche, a volte richieste anche per i disturbi alla sessualità e al benessere della sfera genitale, indotte da tali mutilazioni. La percezione è che comunque le MGF si verifichinonei paesi d'origine prima della migrazione e non abbiamo al momento, nella nostra esperienza, notizia di ragazze nate in Italia e sottoposte alla procedura qui o mandate nel loro paese per esservi sottoposte e ritornate alla nostra osservazione, almeno per ciò che riguarda la nostra utenza del bacino della provincia ferrarese.

Cerchiamo di fare della prevenzione delle MGF il nostro principale modus operandi. Questo attraverso l'informazione e le spiegazioni sulla violenza insita in tale pratica (con le non poche difficoltà a superare il forte ostacolo alla pressione culturale e religiosa derivante dalla tradizione). Tale prevenzione si verifica in ogni momento di accesso alle nostre strutture sanitarie (anche per lo screening del cervico-carcinoma) alle donne in cui riconosciamo segni di MGF e introdurremo un’informazione specifica anche nei corsi di preparazione alla nascita rivolte alle donne immigrate, in modo da rendere consapevoli le future mamme delle motivazioni a non sottoporre le loro figlie a tali pratiche”.

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Ultimo aggiornamento

05-02-2024 09:02

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