Endometriosi: riconoscerla è importante per la tua salute!
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Formazione professionisti sanitari (febbraio e ottobre 2024)
riconoscerla
Si stima che 1 donna su 10
in età fertile
una patologia che può manifestarsi
in modi anche molto diversi
cos'è
Cos'è?
Il sintomo più frequente
conseguenze 1
L’endometriosi può avere conseguenze significative sulla sfera personale
conseguenze 2
Disturbi del sonno
Impatto sulla vita sociale
conseguenze 3
lavorativa e/o scolastica
di coppia
Come si diagnostica?
Come si diagnostica?
rappresentato dall’ecografia transvaginale, purché questa sia eseguita da
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Tutto quello che c’è da sapere
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La patologia
L’endometriosi è una patologia infiammatoria benigna ad andamento cronico e recidivante, caratterizzata dalla presenza di tessuto endometriale (ovvero il tessuto che si sfalda con il ciclo mestruale) al di fuori della cavità uterina in cui è normalmente contenuto.
Il tessuto endometriale situato in una sede diversa da quella normale è un tessuto estrogeno-dipendente. Gli ormoni estrogeni vengono normalmente prodotti dalle donne in età fertile, per cui l’endometriosi è una patologia che può interessare la donna dalla prima mestruazione alla menopausa.
Sedi principali di localizzazione:
- Ovaia: sede più comune, fino all’80% dei casi (cisti ovariche o endometriomi)
- Utero (adenomiosi)
- Localizzazioni extra genitali quali intestino e vescica/vie urinarie
In casi più rari, l’endometriosi può presentarsi anche in sedi distanti dall’apparato genitale e quindi potenzialmente interessare altri gli organi o tessuti del nostro corpo.
Epidemiologia - L’importanza della diagnosi precoce
Si stima che nel mondo vi siano circa 150 milioni di donne affette da endometriosi, 3 milioni solo in Italia. L’endometriosi interessa il 10% delle donne in età fertile, il 70% se si considerano le donne e le adolescenti affette da sindromi dolorose pelviche croniche e dal 25% al 50% delle donne con infertilità.
I dati epidemiologici relativi all’endometriosi sono discordanti e imprecisi, in quanto è una patologia ancora oggi sotto-diagnosticata. Questo si verifica sia perché può̀ avere una presentazione clinica estremamente variabile ed aspecifica, sia per la scarsa conoscenza in ambito medico e sociale di questa patologia, tanto che il ritardo medio stimato, dalla comparsa dei sintomi alla diagnosi, è di circa 9 anni. Una maggior tempestività nella diagnosi porterebbe ad un minor impatto sociale ed economico.
Sintomi - Quando sospettare l’endometriosi?
L’endometriosi ha un impatto notevole sulla qualità della vita della donna sia per l’aspetto sintomatologico (dolore), sia per il potenziale impatto negativo sulla fertilità.
La severità della patologia non si correla direttamente con l’intensità dei sintomi dolorosi: vi sono pazienti affette da forme lievi di endometriosi che possono presentare una sintomatologia dolorosa molto intensa, mentre altre, con forme di endometriosi severa, che possono talvolta esser completamente asintomatiche.
I principali sintomi che si correlano con la presenza di endometriosi sono i seguenti:
- dolore durante la mestruazione (dismenorrea)
- dolore durante i rapporti sessuali (dispareunia)
- dolore al basso ventre presente tutti i giorni del mese o quasi, a prescindere dalle mestruazioni (dolore pelvico cronico)
- dolore alla minzione (disuria)
- dolore alla defecazione (dischezia)
Ulteriori sintomi che si possono associare ai precedenti in una donna con endometriosi sono: sensazione di stanchezza e di affaticabilità, ridotta tolleranza allo sforzo fisico ed eventualmente dolore alla schiena o alle gambe.
Diagnosi - Come riconoscerla?
Se presenti, le manifestazioni cliniche sono estremamente variabili e potenzialmente sovrapponibili a quelle di altre sindromi dolorose del basso ventre (pelviche).
L’ipotesi di endometriosi parte sempre dalla valutazione della storia clinica della paziente e la visita specialistica prevede prima di tutto un’accurata anamnesi, che indaghi l‘aspetto riproduttivo e il dolore della paziente (intensità e localizzazione).
Anche la presenza in famiglia di parenti diretti con endometriosi riveste un ruolo fondamentale, in quanto esiste una predisposizione genetica per lo sviluppo di questa patologia e una familiarità positiva ne aumenta il rischio.
Tutti questi aspetti indirizzano fin da subito l’orientamento diagnostico.
La visita ginecologica di una donna con sospetto di endometriosi deve comprendere un’ecografia pelvica svolta da un operatore esperto, quest’ultimo valuterà in seguito anche la necessità di esami di secondo livello, come ad esempio la risonanza magnetica nucleare o la colonscopia.
Terapia - Come trattarla?
L’endometriosi richiede un trattamento personalizzato nel lungo termine e multidisciplinare, con l’obiettivo di ottimizzare l’utilizzo di terapie mediche e di evitare ripetuti interventi chirurgici.
Il principale scopo nella terapia dell’endometriosi è rappresentato dal miglioramento dei sintomi, dalla prevenzione delle recidive e dal rallentamento della progressione della malattia.
Le due principali problematiche che gravano sulle pazienti con endometriosi sono il dolore e l’infertilità.
Per questo motivo, qualsiasi trattamento proposto dovrebbe esser individualizzato tenendo conto di fattori come l’età, il desiderio di gravidanza, la tollerabilità̀ della terapia proposta, la severità del quadro clinico e sintomatologico e l’estensione della malattia.
La prima linea di trattamento del dolore è la terapia medica ormonale, che può avere diverse vie di somministrazione: orale ovvero la pillola (progestinica o estro-progestinica), locale (anello vaginale, spirale intrauterina, impianto sottocutaneo o cerotto transdermico).
In casi selezionati come terapia di seconda scelta e solo per brevi periodi di tempo, ci si può avvalere dell’utilizzo degli analoghi del GnRH, farmaci che inducono una menopausa transitoria, reversibile alla sospensione del farmaco.
La terapia chirurgica viene riservata alle pazienti in cui non si riesce ad ottenere un controllo della sintomatologia dolorosa con la terapia medica, oppure nei casi in cui questa sia controindicata o rifiutata dalla paziente.
La chirurgia diviene fondamentale nei casi di severo danno d’organo e diagnosi ecografica dubbia, e può rappresentare uno step all’interno del percorso diagnostico-terapeutico della coppia infertile.
L’approccio chirurgico di scelta è quello laparoscopico, poiché mininvasivo e consente una ripresa post-operatoria più rapida e gravata da minor dolore post-operatorio.
Nei centri di riferimento, oltre a ginecologi esperti, devono operare altri specialisti (ad esempio chirurgo generale, fisiatra, gastroenterologo, nutrizionista, psicologo, radiologo, terapista del dolore, urologo) dedicati a questa patologia.
Quando ho diritto all’esenzione?
Nel DPCM 12/01/2017 relativo ai nuovi LEA l’esenzione 063-617 viene rilasciata quando si ha un’endometriosi di grado moderato o severo che corrisponde allo stadio III o IV della classificazione Revised American Society for Reproductive Medicine classification (r-ASRM) del 1996.
L’esenzione viene rilasciata durante visita ginecologica svolta presso un centro pubblico specializzato in endometriosi e depositata poi dalla donna c/o l’AUSL di residenza.
Attualmente l’esenzione da diritto ad eseguire gratuitamente i seguenti esami clinico-strumentali:
visita ginecologica ed ecografia transvaginale
- ecografia dell’addome superiore
- ecografia dell’addome inferiore
- ecografia transrettale
- clisma opaco
Cosa fa la Regione: PDTA regionale - Percorso diagnostico terapeutico assistenziale
Nel 2019 Con la DGR 2307/2019 “Definizione della Rete clinica regionale e approvazione del Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale per la diagnosi e la cura dell'Endometriosi” è stato attivato il modello di rete clinica e il PDTA regionale della paziente affetta da endometriosi. La rete clinica integrata si compone di centri di primo, secondo e terzo livello (attività ambulatoriale e ricovero), a cui indirizzare la paziente sulla base della gravità della patologia.
Il punto di accesso alla rete è rappresentato dai Consultori e dalle Unità Operative di Ginecologia ospedaliere, che pongono il sospetto diagnostico sulla base dell’anamnesi (la storia clinica, familiare e personale), dell’esame obiettivo e degli esiti delle ecografie. La paziente dev’essere successivamente indirizzata al centro ospedaliero di I livello di riferimento territoriale, per il completamento della diagnosi e il trattamento terapeutico.
Il trattamento chirurgico viene effettuato nei centri ospedalieri di riferimento, identificati in tutti i territori. Vengono differenziati, in base alla complessità dei casi, in centri di riferimento di I, II, e III livello: i centri di I livello trattano le situazioni meno complicate (nell’Unità Operativa di Ginecologia); i centri di II livello gestiscono, per l’area vasta cui appartengono, i casi di complessità intermedia; l’unico centro di riferimento regionale di III livello, presso l’Azienda Ospedaliera-Universitaria di Bologna, ha il compito di trattare i casi di maggiore complessità non gestibili nei diversi territori e di coordinare il funzionamento della rete. Assicura, inoltre, il coordinamento delle attività di ricerca, l’introduzione delle innovazioni terapeutiche e la promozione delle iniziative di formazione, particolarmente importanti nella conoscenza della malattia e delle sue cure.
Mappa dei centri di riferimento
Cliccando sui punti della mappa puoi avere informazioni (indirizzi e recapiti) sui centri della rete, in alternativa puoi consultare l'elenco testuale