Uno studio targato Emilia-Romagna alla ribalta della ricerca internazionale
L'assessore Raffaele Donini: "Un ulteriore riconoscimento per la nostra sanità e per le menti brillanti di medici e ricercatori che ci lavorano. A loro il nostro grazie"
Lo studio del team modenese, guidato dal dottor Luca Roncati, pubblicato sulla prestigiosa rivista Clinical Immunology. "Anche di fronte all'emergenza, si conferma il livello d'eccellenza della scuola modenese in Italia e nel mondo"
Bologna, 12 giugno 2020 - Ancora una volta una ricerca sul Coronavirus targata Emilia-Romagna, e condotta dall’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena, sale alla ribalta internazionale. Il team di Emolinfopatologia del Policlinico ha individuato per la prima volta al mondo il meccanismo immunologico della vasculite, l’infiammazione dei vasi sanguigni, provocata dal SARS-CoV-2.
E lo studio, guidato dal dottor Luca Roncati dell’Anatomia Patologica diretta dal professor Antonio Maiorana, è stato pubblicato sulla rivista internazionale Clinical Immunology, giornale specialistico indicizzato sulle più autorevoli banche dati di letteratura biomedica e collegato all’Harward Medical School dell’Università di Harward.
“Un ulteriore, prestigioso riconoscimento alle menti brillanti della nostra ricerca e della nostra sanità, che ancora una volta diventa protagonista a livello internazionale- commenta l’assessore regionale alle Politiche per la salute, Raffaele Donini-. E una dimostrazione di come le strutture e il personale del servizio sanitario regionale non solo si siano fatti trovare pronti di fronte all’emergenza Coronavirus, ma siano stati capaci di mettere l’esperienza vissuta a servizio della medicina di tutto il mondo, per individuare nuovi approcci terapeutici. A tutti i medici e i ricercatori che hanno realizzato questa ricerca va il nostro ringraziamento”.
Lo studio, in sintesi
Può il SARS-CoV-2 provocare vasculite? A questa domanda ha dato risposta l’equipe modenese, indagando una serie di tessuti vascolari ottenuti da un intervento operatorio resosi necessario a seguito di problemi circolatori, che possono insorgere in alcuni pazienti affetti dalla forma più grave della malattia.
Per la prima volta nella storia del Policlinico, grazie al contributo della dottoressa Giulia Ligabue della Nefrologia e Dialisi diretta dal professor Gianni Cappelli, è stato messo a punto un protocollo sperimentale per l’applicazione dell’immunofluorescenza a materiale istologico fissato in formaldeide ed incluso in paraffina. Un’intuizione che ha permesso di svelare i depositi di immunocomplessi e della frazione C3 del complemento, fondendo insieme le più avanzate tecniche istopatologiche e di istochimica automatizzata. In questo modo è stato possibile indagare in massima sicurezza tessuti asportati chirurgicamente e sottoposti a preventiva inattivazione della carica virale in liquido fissativo.
La spiegazione tecnica
“Tutto è iniziato - spiega Luca Roncati, alla guida del team che ha realizzato lo studio- quando ho esaminato, assieme ai miei collaboratori, i primi strisci di sangue periferico provenienti da 15 pazienti ospedalizzati SARS-CoV-2 positivi, dai quali si intuiva una particolare risposta immunitaria, detta T-helper 2, finalizzata ad attivare anche la produzione di anticorpi”, e questo studio preliminare è stato pubblicato sul numero 99(6) del 2020 di Annals of Hematology, rivista della Società Ematologica Tedesca.
“In seguito- aggiunge Roncati- ho avuto la possibilità di traslare queste acquisizioni alla vasculite da COVID-19, che si configura come una vasculite sistemica da ipersensibilità. Nello specifico, abbiamo rilevato in essa un’ipersensibilità di tipo 3, cioè dovuta a deposizione di molecole di complessi antigene-anticorpo (immunocomplessi) nelle pareti vascolari, a cui fa seguito un’eccessiva attivazione del sistema immunitario (complemento)”.
“Siccome le cellule muscolari lisce della tonaca muscolare dei vasi sono in grado di produrre e rilasciare interleuchina-6 - aggiunge il dott. Roncati- il loro coinvolgimento infiammatorio concorre in maniera significativa alla tempesta citochinica in corso di COVID-19 Questo studio conferma il livello d’eccellenza della scuola modenese in Italia e nel mondo, anche di fronte a circostanze emergenziali, e permette di indirizzare nuovi approcci terapeutici, ad esempio con inibitori della frazione C3 del complemento, e nuove strategie vaccinali. A questo proposito è interessante ricordare che i colleghi del San Raffaele e dell’Humanitas di Milano avevano testato un farmaco specifico per inibire la frazione C3 del complemento con buoni risultati. Noi abbiamo svelato il meccanismo immunologico che sta alla base dell’efficacia degli inibitori del complemento, dando una motivazione ai risultati del loro approccio empirico, pubblicato sul numero 215 della stessa Clinical Immunology. Insomma, due ricerche italiane costituiscono una pietra miliare nello studio di questa particolare e grave complicanza da SARS-CoV-2”.
I partecipanti allo studio
Per realizzare lo studio, una collaborazione fondamentale è stata quella del Centro Interdipartimentale Grandi Strumenti dell’Università di Modena e Reggio Emilia. Vi hanno partecipato, inoltre: Graziana Gallo (Anatomia Patologica), Beatrice Lusenti (Emolinfopatologia), Vincenzo Nasillo (Emolinfopatologia), Luca Fabbiani (Anatomia Patologica), Claudia Malagoli (Anatomia Patologica), Antonio Manenti (Chirurgia) e Antonio Maiorana (Direttore Anatomia Patologica).