Un nuovo approccio terapeutico per l’infarto miocardico nelle persone anziane: uno studio della Cardiologia di Ferrara
Alla ricerca, presentata al più importante congresso di cardiologia mondiale e pubblicata sulla prestigiosa rivista “New England Journal of Medicine”, hanno partecipato 1.445 pazienti con almeno 75 anni di età. Cinque anni di studio clinico, 30 i centri coinvolti tra Italia, Spagna e Polonia
1 settembre 2023 - Si chiama FIRE- FunctIonal assessment in Elderly MI patients (ovvero "Rivascolarizzazione guidata dalla fisiologia coronarica in pazienti anziani con infarto") ed è lo studio promosso dall’Unità Operativa di Cardiologia dell’Ospedale di Cona (Fe), diretta dal prof. Gabriele Guardigli, che rivoluzionerà l’approccio terapeutico nei confronti dell’infarto miocardico nelle persone anziane.
E’ giusto trattare l’infarto miocardico su persone anziane allo stesso modo in cui si tratta su quelle più giovani? Se lo sono chiesti i professionisti dell’Unità Operativa di Cardiologia dell’Ospedale di Cona, che hanno ideato e condotto uno studio clinico che ha coinvolto 1.445 pazienti con almeno 75 anni di età, ricoverati per infarto miocardico acuto e malattia coronarica multivasale. Studio durato complessivamente 5 anni, che ha interessato 30 centri tra Italia, Spagna e Polonia e il cui maggior contributo è arrivato dalla sanità pubblica dell’Emilia-Romagna, visto che sono stati coinvolti l’ospedale Maggiore di Bologna e quelli di Reggio Emilia, Modena (Baggiovara), Rimini e Ravenna.
I dati usciti dalla ricerca sono stati tutti a favore di una strategia di rivascolarizzazione completa preventiva.
I risultati di FIRE sono stati presentati dal dott. Simone Biscaglia della Cardiologia dell’Ospedale S. Anna di Ferrara il 26 agosto al congresso ESC 2023 di Amsterdam, che riunisce ogni anno in una città europea i cardiologi di tutto il mondo, e sono stati contemporaneamente pubblicati sulla prestigiosa rivista di medicina “New England Journal of Medicine”.
Il contesto
La Cardiologia dell’ospedale di Cona ha ideato e condotto uno studio clinico randomizzato per colmare un “buco di informazione clinica”. Sperimentatore principale è stato il dott. Simone Biscaglia della Cardiologia dell’Ospedale S. Anna di Ferrara che ha coordinato un gruppo di professionisti italiani, spagnoli e polacchi, arrivando ad arruolare 1.445 pazienti con almeno 75 anni di età, ricoverati per infarto miocardico acuto e malattia coronarica multivasale.
Infatti, sebbene si osservi un costante e graduale invecchiamento della popolazione e sempre più persone anziane sono ricoverate in ospedale con patologie potenzialmente fatali - come l’infarto miocardico acuto - gli studi focalizzati sui pazienti anziani e sul loro trattamento ottimale sono pochi. Pertanto, nella pratica clinica quotidiana i medici spesso si trovavano a curare pazienti anziani e fragili con informazioni ricavate da studi che avevano arruolato pazienti con 20 anni di meno. Non fa eccezione il trattamento ottimale dei pazienti con infarto miocardico acuto. Mentre è dimostrato che trattare con angioplastica coronarica tutte le lesioni presenti nelle coronarie (i 3 piccoli vasi che portano il sangue e quindi ossigeno e nutrimento al cuore) del paziente più giovane (età media 60-65 anni) con infarto miocardico è associato a una prognosi migliore, non era noto se lo stesso approccio fosse utile in pazienti più anziani. I pazienti anziani sono più soggetti a complicanze sia durante l’intervento di angioplastica, sia durante la terapia farmacologica che è necessaria dopo l’impianto di stent. Quindi non si avevano dati certi che un trattamento estensivo, e non limitato solo alla lesione responsabile dell’infarto, fosse vantaggioso e protettivo come per i pazienti più giovani.